Critiche
Dionisio Castello
“Formarsi, come ha fatto Enrico coinvolto e aiutato dal padre Angelo, alla dura palestra delle gare di
pittura estemporanea, non è passato senza lasciar traccia nella sua evoluzione e nelle sue opere.
Ne sono prova evidente la facilità e fluidità del segno e dei cromatismi, che non sono mai banali o,
peggio, casuali, ma che derivano da un processo di sintesi e di ricerca dell’essenzialità che il dover
dipingere quasi "in tempo reale" ha via via affinato.
E ne è prova evidente la sensazione che le sue tele offrono, di un rapporto diretto tra Enrico e ciò
che va creando, frutto di una capacità di isolarsi da ciò che è intorno, senza pressioni o
condizionamenti.
Un excursus sui suoi lavori mostra un filo conduttore ben individuabile, dove quelle che in modo un
po’ banale e forse riduttivo si potrebbero definire forme astratte, ad una lettura appena più attenta
fanno emergere riferimenti naturalistici, elementi di un mondo che Enrico non rifiuta ma che cerca
anzi di far suo.
A cominciare dai fiori, una sorta ormai di “firma” dei suoi quadri.
E proseguendo nella giusta ricerca di nuove visioni, dove quel filo conduttore prima citato non si
perde, ma acquista un’evoluzione cronologica precisa, leggibile, prima ancora che nel prender nota
delle date, nell’osservazione in sequenza delle sue tele.
Cornici che diventano parte integrante delle opere, come se i contenuti volessero trovare una via di
fuga e unirsi al mondo esterno.
Quadri che nascono con forme insolite, ad esempio angolari, perché in quel mondo esterno sanno di
dover vivere e lo vogliono “sfruttare” al meglio.
Lamine d’oro che vibrano alla luce (del mondo esterno) e la fanno vibrare, facendola propria.
Continuità che si interrompono e fratture che si compongono in quadri che, senza che ciò suoni
irriguardoso, sembrano uni e trini nello stesso tempo ”.
Scrittore e Docente in Storia dell’Arte
Doriana della Botta
“La tinta neutra del grigio utilizzata a grandi campi, assume varie tonalità ponendosi come motivazione e risposta alle brevi masse di colori intensi, quasi a giustificarne le intensità cromatiche; sono questi stessi grigi, pervasi da un senso di azzurro, il fondale dall’ampia prospettiva su cui si stagliano ermetici linee pulite ed incisive, toni che danno spazio all’immaginazione, rossi cupi ed interiori, forme definite di ocra gialla che danno volume e corpo agli spazi immaginari accalappiati nelle tele dell’artista; egli conclude con dei passaggi estremamente eterei di “Bruno Van Dick” che restituiscono alle opere quella inquietante presenza delle emozioni che egli si propone di esprimere.”.
Critica D’arte
Ida Liberti
“Anche con l’impressione del non finito si imprime nell’animo dell’osservatore ad evocare sentimenti”.
Dirigente Scolastico
Valentina Martino
“Non sempre possiamo rappresentare il profondo di noi stessi con qualche raffigurazione riconoscibile o legata in qualche modo alla realtà, per l’artista tutto è celato dietro a sfumature di colore sensibile, ad uno studio di trasparenze, sovrapposizioni, apparizioni/sparizioni, con figure talvolta concrete talvolta lontano dal nostro modo di pensare,con pochi elementi riesce a rendere l’atmosfera di un notturno sospeso nel tempo.
Questa arte mette a fuoco un percorso emotivo, il delicato passaggio emozionale dell’artista che alla pittura affida tutti i suoi umori e attraverso questi ci rende partecipi a stralci di vita.
Totalmente rapita osservo e ripercorro l’emissione dei vari stadi, sono avvolgenti e mi rimandano immagini timide ma allo stesso tempo efficaci. Siamo all’essenziale, tutto è giocato su vari piani di colore il quale muove forme a volta spigolose a volta agili e flessibili che morbide si dissolvono in paesaggi minimali. Come fosse una contrapposizione tra ragione ed istinto dove la forma umana, appena accennata, fatica a trovare spazio nel “la fuori” traspare evidente un conflitto, ma l’apertura c’è ed esplode in tutto il suo vigore. Esiste in queste opere la trasformazione, l’elaborazione del vuoto esistenziale che una volta conosciuto lascia il posto al sentire… più che vedo sento attraverso la natura che assume un ruolo predominante, lo spazio che in essa occupa e il suo essere in ascolto. Sono guidata dalla sua tecnica suggestiva la quale gioca con disinvoltura in accostamenti tonali, il freddo vira al caldo, le sfumature e trasparenze prima scaldano la favola avvolgendola di poesia e d’incanto e improvvisamente la interrompono con brevi segni marcati e corposi è cosi il linguaggio pittorico si arricchisce e florido ci sottolinea il coraggio e la volontà nell’esporsi. E’ difficile mettere a nudo se stessi, soprattutto, quando c’è il rischio di essere fraintesi, ma nel suo caso è uno sfogo trasparente ed indispensabile.”.
Artista
Biba Maja Masci
“Enrico è un’artista dell’anima: le sue opere hanno la capacità di aprire un dialogo tra le parti più profonde dell’ IO. I suoi lavori entrano nel Sé, lo toccano con animo gentile, lo sfiorano ”.
Psicologa - Psicoterapeuta
Bjørn Amundsen
Il pittore italiano Enrico Pelizzo, nato a Terracina nel 1977, ha iniziato la sua carriera artistica a 20 anni. Già nei primi lavori, che sono contraddistinti dalla sua chiara conoscenza della forma e del colore , si esprime con la sua pittura in un percorso che anche se forte ed intenso risulta molto ben bilanciato ed armonioso. I suoi dipinti subito ti attraggono, ma allo stesso tempo, guardandoli con più attenzione si rimane affascinati dai dettagli e dalle sfumature dei colori così da aprire sempre una nuova visione.
Giornalista e Consulente Culturale